Tappa 03: Lucca – Grosseto

Serena, la centaura

Vengo svegliato la mattina dalla luce che filtra attraverso gli infissi socchiusi. E’ presto, ma non ho più sonno. Decido quindi di alzarmi per andare a fare colazione. Michela è già partita per le vacanze. Sul tavolo trovo un biglietto scritto a mano: “buon proseguimento con la tua avventura”. E’ stata molto dolce, ha lasciato le chiavi e le indicazioni su dove riporle quando fossi andato via. Oramai vi era la massima fiducia, ho decisamente guadagnato un’amica.
Una volta caricata la moto e riposta l’attrezzatura fotografica nel bauletto, decido di ripartire alla volta di Civitella Paganico (nei pressi di Grosseto). In quel luogo avrei incontrato Serena, ducatista e fotografa che ha letto della mia avventura e ha chiesto di unirsi a me per una tappa. Un po’ di compagnia fa sempre bene e ho accettato.
La strada che collega Lucca con Civitella Paganico offre decisamente divertimento motociclistico. Nell’ultimo tratto si abbandona la costa della Maremma per salire in collina. In quel frangente il bicilindrico del mio Monster 796 può dare il meglio di se e spingere, curva dopo curva, senza mai mollare un colpo. Anche a pieno carico è stato fantastico.

Parcheggio davanti ad un bar in una cittadina stile “far west”. In questi paeselli tutti conoscono tutti e un gringo straniero come me viene subito individuato. Non passa molto tempo prima di sentire un boato forte e cupo, si avvicina e man mano diventa sempre più forte. Ad un certo punto spunta da un tornante una Ducati 749 in piega. Capisco subito che si trattava di Serena. Si ferma davanti a me, mi riconosce subito, li seduto ad attenderla ad un tavolino del bar. La moto è nera come l’oscurità e quando rimuove il casco, scende sulla sua spalla una treccia di capelli, anch’essi neri come la motocicletta.

Nonostante la faccia seria e grintosa, ha una voce molto dolce. Si siede a bere qualcosa con me e dopo poco decidiamo la nostra meta. Optiamo per un luogo meno battuto e turistico rispetto ai soliti della Maremma e ci dirigiamo verso l’Abbazia di San Galgano.
Apre lei la strada e -neanche a dirlo- il ritmo tra le curve è veramente veloce e incalzante. In poco tempo percorriamo i 40 Km che ci separano dall’Abbazia.
Forse non tutti lo sanno, ma in questa Abbazia vi è la famosa spada nella roccia. Si trova in una piccola chiesetta posta su di una collina. Sul posto però scopro una cosa che ignoravo completamente, la chiesetta è di fatto consacrata e quindi può operare tutti i sacramenti classici del cristianesimo, matrimonio compreso.
Non deve essere per nulla male come luogo per prendere in sposa una donna, penso.

Il giro nell’abbazia si conclude con una gran chiacchierata con l’anziana custode. Una donna bassa e che porta in viso i segni del tempo. Mentre sospira, ci racconta di come le persone siano incivili e di quanto si vergogni per loro. Con una parlata prettamente toscana ci confessa di aver dovuto chiamare un fabbro per proteggere ulteriormente la spada nella roccia, molte persone infatti usavano il buco nel suolo (dove si trova) come cestino per gettare rifiuti di ogni tipo.
Sono cose che mi mettono addosso una tristezza enorme.. il vandalismo, in ogni sua forma, non l’ho mai capito.

Al ritorno io e Serena decidiamo di percorrere una strada meno impegnativa e più breve, per raggiungere l’azienda agricola di Eleonora e Stefano (Azienda agricola Pietra Serena). Abbiamo scelto di soggiornare in questa azienda perchè siamo stati colpiti dallo slogan della proprietaria, Eleonora: tutto di nostra produzione. TUTTO. Dai salumi fino all’olio, passando addirittura per il sapone di piatti e lavatrice. Una volta giunti a destinazione troviamo ad accoglierci Renata, una simpatica factotum dell’azienda. Ci mostra le nostre stanze: spartane e senza tv, che altro potevamo desiderare? Relax e quiete sono un filo conduttore che sta collegando tutte le strutture che ho scelto, il bello è che non è stata una mossa studiata a tavolino, ma una pura casualità. Poco dopo arriva a salutarci anche Stefano, il marito di Eleonora. Ci parla di come ami coltivare la terra e del suo passato da ex cacciatore.
Mi spiega l’esistenza dei “viaggi di caccia” (lo ammetto, io ignoravo completamente che le due cose potessero essere unite) e inizia a raccontare una serie di aneddoti sui suoi trascorsi da cacciatore. Dalle anatre scozzesi fino ai bufali americani. I racconti sono estremamente dettagliati e crudi. Vedo l’impavida Serena un po’ scossa. Per fortuna però, sono avvenimenti legati al passato e ora si limita a curare la sua piccola creazione, l’azienda agricola (cosa che tra l’altro gli riesce molto bene). 
L’argomento della caccia è molto controverso. Da un lato ci sono delle persone che preferiscono uccidere (o ignorare che venga ucciso) un animale cresciuto in cattività. Dall’altro ci sono delle persone come Stefano a cui piace uccidere per sport. Io forse mi trovo in una sorta di zona franca, hanno ragione e torto entrambi. La vita di un animale vale quanto un’altra e quindi uccidere un animale libero o in cattività non fa differenza, anzi.. forse è meglio quello libero in quanto ha vissuto la sua vita senza gabbie. Inoltre un cacciatore tende ad utilizzare il 100% della preda perchè conosce la fatica che c’è stata per cacciarla. Dall’altra parte abbiamo l’uomo moderno che pensa che l’hamburger del mc donald non fosse in realtà vivo, che ignora o finge di ignorare come vengono trattati i polli del suo mc chicken. Penso che la caccia sia lecita, MA non deve assolutamente essere per sport (solo per sopravvivenza) e che l’importante sia adoperare il 100% dell’animale senza sprecare nulla Questo, tuttavia, è solo un punto di vista personale.

A cena Eleonora prepara un piatto di pasta al pesto, il tutto fatto in casa. Il basilico era stato colto due ore prima ed emanava un profumo delizioso. Dire che ci ha rimpinzato è poco, non siamo riusciti ad arrivare al secondo. A tavola pareva quasi di essere “dalla nonna”. Abbiamo cenato nella sua sala da pranzo con le stoviglie di casa sua. So che può sembrare strano, ma questo fa tutto parte del rapporto amichevole che si instaura tra albergatore e cliente. Penso che valga la pena lasciarci alle spalle ogni tanto i vari holiday inn o best western per riscoprire questa ruralità oramai perduta.
Chiuso il pasto con un sorbetto ai gelsi (rigorosamente del loro giardino) concludiamo fotografando le stelle. Ottima giornata, direi.

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