Tappa 09: Camigliatello Silano – Vibo Valentia

Ninetta, apostolo umile e silente

Mi sveglio di buona leva per non viaggiare con il caldo.. Quanto meno questo è l’intento. Alle 8 le strade della Sila sono piacevolmente deserte e terribilmente fredde. Decido quindi di indossare una felpa termica sotto la giacca da moto per proteggermi. Prima di rimettermi in marcia verso Vibo Valentia, vado in cerca di un meccanico moto.. forse per una persona che vive a Milano può sembrare banale, ma qui nel profondo sud non lo è affatto.

Al primo tentativo il ragazzo ammette con candore di non capirne nulla. Con la seconda officina le cose migliorano: sanno metterci le mani ma il meccanico è in ferie giusto oggi (che fortuna). La terza, come si suol dire, è la volta buona. Il mio salvatore (un omino tutto sporco e sudaticcio, con pochi capelli ma dei begli occhi) individua subito il problema: a furia di fare km su km alcune viti della struttura laterale si sono allentate. Nulla di serio, avvita tutto di nuovo ed effettua un paio di prove di carico. Mi sorride e dice “ora puoi continuare il tuo viaggio”. È stato gentilissimo e non ha voluto un soldo.
Mi rimetto quindi in sella e parto alla volta di Vibo.

Lungo la litoranea, si incontra la piccola cittadina di Pizzo, famosissima per il suo gelato artigianale. Appena prima dell’ingresso vi è un bar rinomato, si chiama “da Enrico”. Il loro gelato è qualcosa di unico, mi fermo quindi per un caffè e un tartufo prima di proseguire il mio viaggio.

Il sole è oramai altissimo e quando giungo a Vibo mi rendo conto di avere le bolle sui polsi, causate dal calore eccessivo. La giacca è stata riposta da tempo sul sellino del passeggero e i jeans hanno fatto spazio ad un pantaloncino. Lo so, non è sicuro. Lo so , non si fa.. ma davvero con tutto l’equipaggiamento rischiavo di svenire per il caldo.
Per fortuna corre in mio soccorso Adele, proprietaria del B&B in cui ho prenotato. Adele è una ragazza giovane e molto alta. I suoi capelli sono scuri e i riccioli disordinati, quasi come fosse un nido. I tratti sono decisamente quelli di una donna mediterranea, piacevoli e armoniosi.
Vedendomi accaldato e sudato mi offre subito un bel bicchiere di acqua ghiacciata e si siede vicino a me per parlare. Mi racconta di essere una libraia come professione principale. Interessante, le dico: “sei la prima persona che conosco che possiede una libreria”. Ho sempre avuto molto interesse verso le librerie, soprattutto quelle di nicchia. Sono quasi.. magiche.
Dopo un po’, Adele si rende conto che il tempo è volato mentre chiacchieravamo ed è in terribile ritardo. Afferra le chiavi e scappa, con la promessa che ci saremmo rivisti appena possibile.

Guardo fuori dalla finestra e sento ancora quel caldo tropicale. Se buttassi per terra delle salsicce, si cuocerebbero da sole. Aspetto un paio d’ore prima di mettermi in marcia verso Tropea, dove è mia intenzione fare qualche foto.
Per raggiungere Tropea da Vibo, esistono sostanzialmente due strade. Una veloce, ma interna e una più lunga sulla costa. Neanche a dirlo, scelgo quella ricca di curve che si staglia poche decine di metri sopra la costa.
Una volta giunto a destinazione, mi reco nella piazza del cannone per ammirare la chiesa di Santa Maria dell’isola. Mi rendo conto però, che manca qualcosa.. non ho ben capito cosa, ma so di dover mettermi a cercare.
Inizio quindi a percorrere su e giù i viottoli del centro storico fino a che non mi ritrovo davanti ad una casa di carità. L’uscio è aperto e dopo aver bussato sulla porta, entro. Mi accoglie un’amabile vecchina, logorata dagli anni ma dal volto sereno. Le chiedo spudoratamente se fosse possibile entrare per ammirare la chiesa dal loro punto di vista.
All’improvviso le rughe lasciano il posto ad un bel sorriso, mi prende per mano e porta con se ad una finestra. La vista è magnifica, nulla a che vedere con il classico belvedere turistico.. si è un tutt’uno con l’isola.
Iniziamo a parlare, dice di chiamarsi Ninetta. Non appena le dico il mio nome le si accendono gli occhi, “Francesco, come il Papa e come il nostro fondatore”, dice.
Non poteva mandarmi via come se niente fosse, non ora che aveva conosciuto il mio nome. Per lei la mia venuta era un segno. Un segno del signore, un segno di fede. Mentre mi accompagna su e giù per la casa di carità, mi spiega la loro storia travagliata. Di come fu eretta su di un tugurio e di come abbia accolto poveri e disabili nel corso di quasi 80 anni.

Mi mostra tutto, persino le fotografie degli ormai defunti fondatori. Non sono mai stato un grande uomo di fede, ma in lei c’è molto più di una piccola donna vecchia e bassa. C’è spirito, anima, bontà.
Mi porge dei regali e prima di farmi andare via decide di citare alcune delle parole del fondatore, Don Mottola:

“fate tutto con calma, con spirito di avventura eterna, non vi scoraggiate.
fate il meglio possibile nel momento attuale, con spirito di distacco, con la nostalgia dell’Eterno sempre presente”.

Non serve essere discepoli di Dio per apprezzare queste parole. Basta essere uomini in cerca di un ideale di serenità e pace. Io nel mio piccolo non sono altro che un viaggiatore. Ad ogni tappa mi fermo ad ammirare queste persone che hanno già realizzato il loro percorso spirituale e che sono pronte a dare, senza chiedere nulla in cambio.
Mi ritrovo di nuovo sull’uscio e Ninetta mi ferma ancora una volta. Mi dice: “sai.. alle 20:00 il sole sembra esplodere e la chiesa pare accendersi. Noi a quell’ora saremo chiusi, ma tu puoi tornare”
Annuisco e la ringrazio, tornerò più tardi. 

Mi ha regalato un biglietto di prima fila per uno degli spettacoli più belli del mondo.

Dopo un abbraccio, lascio Ninetta e la casa di carità alle mie spalle, con la promessa che le avrei inviato quella fotografia che abbiamo scattato assieme. Mentre torno a Vibo il sole oramai sta per scomparire all’orizzonte e mi tornano in mente le parole della mia nuova amica: “ti ho fatto entrare perchè sei un ragazzo che ha trovato la serenità”.
Serenità.. io? Ho sempre cercato la serenità tra le lenzuola di un letto, sempre in una donna.. ma mai trovata. L’ho cercata talmente tanto che forse ho dimenticato di guardare nel luogo più ovvio, dentro me stesso.

Forse questo incontro non è stato casuale. Forse Ninetta ha ragione, anche questo fa parte del mio cammino e lei rappresenta una nuova casella del mio mosaico.

La sera rientro al B&B. Purtroppo non riesco ad incontrare di nuovo Adele, ma sono sicuro che se il destino lo vorrà ci rivedremo.

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