Nella mia vita me ne sono sempre fregato delle convenzioni sociali e di quello che è il “pensiero comune”, anzi. Ho la netta sensazione che il pensiero comune sia sbagliato, sempre. Può essere una mia impressione, potrei essere io quello in errore. Ma in fondo devo rendere conto solo a me stesso, fregandomene di tutto e tutti.
Tutto questo mi riporta a scuola, sin dai tempi in cui ero un ragazzino. Litigavo e discutevo spesso con bulletti e prepotenti. Non perché ce l’avessero con me, anzi, ma perché ce l’avevano con persone che erano il loro opposto. Prepotenti contro oppressi, senza nessuno nel mezzo. Gli altri ragazzi erano divisi in due: c’erano quelli che stavano zitti e c’erano quelli che si schieravano dalla parte del più forte. E allora io, col mio carattere di merda, ero perennemente nel mezzo. Per rompere gli schemi, per rompere i coglioni, per fare qualcosa che gli altri non facevano. Ha sempre funzionato, più o meno. Gli sfigati non prendevano botte e io neanche.
Ora sono cresciuto e ho preso consapevolezza che il mondo continua ad essere un posto pieno di bulletti e di codardi. Le teste di cazzo della scuola sono diventate teste di cazzo di adulti. C’è poco da moderare il linguaggio, è così.
Voglio raccontare un aneddoto, qualcosa della mia vita. Nel 2015 ho mollato tutto qui in Italia per andare negli Stati Uniti. La prima delle città che ho visitato è stata New York. Città apparentemente difficile, ci si deve adattare e cercare di incastrarsi col loro modo di essere. È un po’ come salire su un treno che è in movimento: dapprima corri accanto al treno, cercando di far combaciare la tua velocità con la sua. Poi ti avvicini ad una porta aperta e quando sei pronto fai un bel respiro, salti ed entri.
Vladimir e Arnaud sono stata la porta nella quale ho saltato. La prima volta che suonai il loro campanello, mi accolse un sorriso felice e spensierato… insieme al tepore di una casa vissuta ma ben curata. Ricordo che Vladimir aveva un canovaccio appoggiato sulla spalla, veniva direttamente dalla cucina. Si sfregò frettolosamente il palmo della mano sul fianco del pantalone per asciugarsi e mi salutò.
Welcome home! Come in! Sorrisi di rimando e lasciai che la porta si chiudesse alle mie spalle.
Un racconto contro l’ignoranza e l’omofobia: l’omofobo è per sua natura una persona ignorante e sono stufo di giustificare l’ignoranza.
Vladimir portava fiori freschi ogni giorno e sulla tavola c’era sempre una candela accesa. La mattina facevamo colazione tutti insieme: waffle fatti in casa, con della frutta tagliata a pezzetti e una tazza di latte o di caffè annacquato all’americana. A cena bevevamo del buon vino, spesso italiano. Chiacchieravamo per ore, ascoltando musica francese, Edith Piaf per lo più.

Uno degli inverni più rigidi degli ultimi anni, così dicevano le “local news”. Faceva freddo a New York e la neve continuava a cadere incessante. Però il freddo era confinato all’esterno, dentro la casa c’era solo calore, per lo più umano.
Vladimir e Arnaud mi raccontarono le loro storie, del fatto che entrambi dovettero fuggire dall’Europa negli anni ’80 per colpa dell’omofobia. Arnaud arrivava dalla Francia, mentre Vladimir era del Montenegro. A quel tempo loro due non si conoscevano, ma entrambi vissero delle vicende simili ed entrambi furono costretti a lasciare la propria vita alle spalle per cercarne una nuova. E così si sono incontrati in una città più tollerante, New York. Si sono amati e tutt’ora vivono insieme.
Uno dei momenti più belli che io abbia mai vissuto, sono stato sempre a mio agio e mi sono sentito in famiglia nonostante la lontananza dall’Italia. In un momento della mia vita così difficile e delicato, loro sono state le due persone a me più vicine.
L’omofobia è tra le cose che meno tollero nella vita. L’omofobo è per sua natura una persona ignorante e sinceramente sono stufo di giustificare l’ignoranza. Sono stufo di chiudere un occhio su tutto e far finta di niente. Viviamo in un paese vecchio, mettetevelo in testa. Un paese dove la maggior parte delle persone non vede al di là del proprio naso e un paese dove -se finissi in coma- ti sveglieresti dopo anni pensando non sia passato un solo giorno.
Tuttavia il paese siamo noi. Chi ha viaggiato, chi ha visto il mondo e ha interagito con esso ha il diritto e soprattutto il dovere di parlare. Non si può tacere, non si può assecondare la prepotenza del bullo. Bisogna fare qualcosa per progredire, per crescere.
Il mio è uno sfogo verso la società, ma anche un modo per ringraziare quei due ragazzi che mi hanno accolto e reso membro della loro famiglia. Chi pensa diversamente dalla massa è giusto che apra la bocca ed esponga il suo pensiero, perché gli idioti non possono sempre fare la voce grossa, è giusto che si sentano delle nullità e che si vergognino di loro stessi.
E che cazzo, qualcuno deve pur dirlo.

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